Capri - Revolution

- Uscita:
- Durata: 122min.
- Regia: Mario Martone
- Cast: Jenna Thiam, Donatella Finocchiaro, Maximilian Dirr, Antonio Folletto, Ludovico Girardello, Gianluca Di Gennaro, Reinout Scholten van Aschat, Lola Klamroth, Marianna Fontana, Yannick Noomen, Eduardo Scarpetta
- Prodotto nel: 2018 da FRANCESCA CIMA, NICOLA GIULIANO, CARLOTTA CALORI PER INDIGO FILM CON RAI CINEMA, COOPRODOTTO JÉRÔME SEYDOUX, ARDAVAN SAFAEE, MURIEL SAUZAY CON PATHÉ PICTURES
- Distribuito da: 01 DISTRIBUTION
TRAMA
1914. L'Italia sta per entrare in guerra. Una comune di nordeuropei ha trovato a Capri il luogo ideale per la propria ricerca nella vita e nell'arte. Ma l'isola ha una sua propria e forte identità, che si incarna in una ragazza, una capraia il cui nome è Lucia. Il film narra l'incontro tra Lucia, la comune guidata da Seybu e il giovane medico del paese. E narra di un'isola unica al mondo, la montagna dolomitica precipitata nelle acque del Mediterraneo che all'inizio del Novecento ha attratto come un magnete chiunque fosse spinto da ideali di libertà e di progresso, come i russi che Maxsim Gorkij, esule a Capri, preparava alla rivoluzione.
Dalla critica
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A inizio Novecento, e per qualche decennio, Capri non è la possibilità di un’isola, ma la possibilità del mondo. Ci sono tutti, tutti quelli che un altro mondo possibile lo vogliono: poeti, artisti, profeti, socialisti, futuristi, anarchici. In breve, tutti quelli che nell’arte, la politica o la società anelano e preparano la rivoluzione. E’ Capri, dove si pianifica quella russa; Capri, dove Bogdanov, Lunacˇarskij e Gor’kij mettono in piedi la prima scuola superiore di propaganda e agitazione per operai; Capri, dove la dolomia copula col mare; Capri, dove il non-luogo aspira a essere il luogo, l’unico. A Capri Mario Martone appone Revolution , e ci fa un film, in Concorso a Venezia 75. Un film che la storia la tiene presente ma non vi aderisce supino, e nemmeno insegue nomi e nomenclatura, tenendo sullo sfondo e implicito: Martone cerca il paradigma umano, e sembra portare a sintesi le sue ultime prove, dal risorgimentale Noi credevamo , qui distillato in un medico socialista (Antonio Folletto) che parte volontario per la Grande Guerra, al pessimismo cosmico leopardiano de Il giovane favoloso , che ne circoscrive la poetica, e al radicamento sessuale de L’odore del sangue . A differenza di qualche precedente, però, non gli interessa la carta bensì il territorio: uomo, fauna, flora, affidati a un andamento arcaico, danzante, estatico, scientifico come se fossero le stagioni. Il moto di rivoluzione, almeno quello centrale e quello prediletto dal regista e sceneggiatore con la moglie Ippolita di Majo, spetta a Lucia (Marianna Fontana), una capraia non disposta a negoziare la propria libertà: il padre muore, la madre (Donatella Finocchiaro) osserva, i fratelli intimano, lei porta fuori il gregge e si porta fuori dal gregge, prima spiando e poi avvicinando i giovani nudi e danzanti di una comune, ovvero l’artista-profeta Seybu (Reinout Scholten van Aschat). Medico, artista e capraia sono tre poli senza, da qui il pessimismo, reale osmosi, possibilità di scambio, condivisione: dice Martone, siamo quel che siamo, e manco abbiamo troppa voce in capitolo. Il mondo è in guerra, c’è chi si strugge per i fratelli che l’hanno ripudiata, chi – “Egli danza”, diceva Welles di Fellini ne La ricotta – danza comunque e chi parte, e sono tre destini che si toccano, al più, perché corpi, perché carne e sesso, ma che non si uniscono, e come potrebbero? Lucia impara l’italiano, l’inglese, e dispensa consigli d’orticultura ai comunardi, ma – l’ironia di Martone è ghiotta – tornata da mamma ha un unico lascito: “Bevi tanta acqua, è importante”. Fotografia estatica senza fronzoli di Michele D’Attanasio, montaggio osservante di Jacopo Quadri e Natalie Cristiani, musiche in campo di Sascha Ring e Philipp Thimm, Capri Batterie – titolo provvisorio – desume energia elettrica dai limoni, arte dall’incomunicabilità e futuro dall’impossibilità: se nemmeno l’isola ha una possibilità, non resta che il mare. E, forse, un nuovo mondo.